sabato 21 settembre 2013

Tra esigenze di bilancio e sacrifici illustri prende forma una Roma più solida

 

 Ore 23, tutto tace. Chiude i battenti il calciomercato, accompagnato nel suo ultimo giorno dai soliti tratti distintivi: colpi di coda, proposte indecenti, offerte last minute, valzer di scambi, moltitudine di telefonate, incontri e contatti fugaci. Non molto di questo susseguirsi di eventi ha riguardato i colori giallorossi il cui rappresentante istituzionale, Walter Sabatini non ha compiuto movimenti dell'ultimo momento. Si era tentato di intavolare un triplo scambio fra attaccanti, riguardante Borriello, ritenuto un fardello piu che un valore aggiunto, Gilardino e Quagliarella. Roba da massimi sistemi, incastri improbabili, strategie da esperti di domino. Alla fine il tutto si é risolto con un nulla di fatto, con buona pace del ds romanista il quale - c'é da scommettere - avrà consumato una dose industriale di tabacco, seduto a dissertare sui vari tavoli. Non c'é stato dunque il colpo a sorpresa per Rudi Garcia che può comunque disporre di un organico abbastanza completo. La campagna acquisti ha avuto una fisionomia ben delineata nel corso del tempo, scandito inizialmente da colpi emozionanti a cui sono seguitati, nella parte finale, cessioni dolorose che hanno interrogato una piazza già scontenta dopo il 26 Maggio, sulla coerenza della programmazione societaria messa in atto in due stagioni. Tuttavia passando in rassegna i vari movimenti effettuati dal ds Sabatini ci si accorge che - malgrado le difficoltà e le pastoie di un bilancio da risanare - le operazioni condotte in porto hanno contribuito a migliorare l'amalgama di squadra. In un rapporto tra partenti ed arrivi comunque produttivo sotto vari aspetti: CAMBIO DELLA GUARDIA - via Maarten Stekelenburg, stavolta definitivamente accasatosi al Fulham, club al quale sarebbe dovuto approdare già nel mese di gennaio salvo poi - in seguito ad un ribaltone di quelli da commedia grottesca - tornare indietro da Londra per finire la stagione nella Capitale. L'esperienza del numero uno olandese nei due anni in giallorosso, é stata di gran lunga inferiore alle aspettative. Dalla sua cessione la Roma ha ricavato quasi 6 milioni di euro.

 

 Al posto del legnoso numero uno Oranje é arrivato per 500 mila euro il trentaseienne Morgan De Sanctis. Inizialmente il suo arrivo non ha suscitato clamore poiché giunto non nei suoi anni migliori. É bastato però sentirlo parlare in conferenza stampa per evincere l'importanza di un elemento simile nella gestione di uno spogliatoio come quello giallorosso. Personalità ed attributi da vendere, grande loquacità. Un dialogo continuo con la difesa fatto di urla di incitamento e salaci strigliate.

 

MAICON AL POSTO DI PIRIS - Sulla destra il rinforzo ha una denominazione d'origine controllata, ed é quella di Maicon. Anche il terzino brasiliano ha vissuto i suoi anni migliori altrove, magari ha perso un po di smalto ma ginocchio permettendo, resta uno dei terzini più forti in circolazione. Il colosso porta in dote quel respiro internazionale che mancava al gruppo, innalzando il tasso di esperienza di una squadra giovane che necessità di simili integrazioni per temperare gli animi volubili e le insicurezze tipiche delle nuove generazioni. I dubbi sulla sua condizione inoltre sono stati spazzati via con prestazioni di una certa entità sia sotto il profilo fisico che tecnico. Un terzino di così alto livello a Roma non si vedeva dai tempi di Cafu e considerando che il brasiliano succede al volenteroso ma poco idoneo al calcio europeo, Ivan Piris il  miglioramento è quanto mai evidente. VIA MARCOS DENTRO BENATIA - Il reparto difensivo non potrà più contare su Marquinhos, andato a difendere dalle avanzate nemiche il sultanato della Torre Eiffel, irrorando di una verde linfa la retroguardia del Psg. Una scelta convalidata dai 35 milioni ricevuti dalla Roma per privarsi del miglior '94 in circolazione, giunto l'anno scorso per una cifra irrisoria e protagonista di un'ottima stagione nonostante le innumerevoli reti subite dai giallorossi.

   

Al suo posto é stato acquistato il difensore Medhi Benatia, molti anni di Serie A alle spalle. Il marocchino seppur meno brillante ed esplosivo dell'enfant prodige brasiliano offre garanzie elevate sotto il profilo difensivo avendo senso della posizione e precisione nei disimpegni. Un ottimo gregario in un ruolo dove il campione é più un lusso che una necessità. E' arrivato per 5 milioni anche l'interessante croato Tin Jedvaj, quest'ultimo ancora minorenne, tanto da aver bisogno di un permesso speciale della Fifa per calcare i verdi campi d'Italia. Il suo acquisto è una difesa del progetto giovani e sottolinea ancora la lungimiranza della società per i giovani prospetti. Qualcosa in più se ne saprà nel momento in cui il giocatore beneficerà dell’autorizzazione emessa da una sottocommissione della Fifa al giudizio della quale è sottoposto il trasferimento dei calciatori minorenni   L'AVVICENDAMENTO OSVALDO-GERVINHO - In avanti non c'é più Osvaldo. Eccolo li in Inghilterra, una carriera deragliata dai binari dell'alto rango calcistico che lo ha portato ad ammantare il suo corpo tatuato, con le vestigia dei Saints. Non esattamente il Manchester City, club al quale l'argentino si sentiva di poter ambire ma che invece gli ha preferito "el Tiburon" Alvaro Negredo, ennesimo duro colpo a chi presume di se qualità taumaturgiche che invece non gli appartengono.

 

 Il rimpiazzo scelto da Garcia é stato Gervinho, prelevato per una decina di milioni, poco più della metà di quanto incassato per privarsi dell'italo argentino. Gervinho ha caratteristiche differenti, non solo perché non é bello e pettinato ma perché é piu attento al gioco che al look senza andare per il sottile. Il suo innesto se da un punto di vista tecnico depaupera il reparto avanzato, dall'altro apporta variabili più funzionali al gioco di Garcia, risultando più confacente alle idee del tecnico transalpino. Profondità e sacrificio le sue peculiarità. Sotto porta non é implacabile ma più che la finalizzazione gli si chiede un lavoro utile alla squadra ed al suo equilibrio che l'ivoriano svolge con dedizione, giovando alla stesura della manovra ed al comportamento di squadra. LAMELA - LJAJIC STIGMATE DA PREDESTINATI - Veniamo a Lamela: il talento argentino ha lasciato la Capitale per andare nella City londinese, sotto l'insegna del Tottenham dell'ex Baldini che ha devoluto nelle casse della Roma altrettanti 35 milioni di euro. Una cifra talmente significativa da indurre la dirigenza a fare delle serie valutazioni economiche in prospettiva, in ragione di un rinnovo contrattuale dorato richiesto dall'entourage del calciatore. Il padre del ragazzo trovatosi un simil talento in casa, da tempo aveva cercato di trarre il massimo profitto proponendo il ragazzo ai club di mezza Europa. La Roma perciò ha ritenuto opportuno privarsi del calciatore il cui prolungamento contrattuale avrebbe richiesto un consistente conguaglio. Inoltre non va dimenticato che l'arrivo di Lamela a Roma fu contrassegnato da un cospicuo esborso economico, circa 20 milioni, costituendo un elevato rischio d'impresa: il calciatore pur lasciando intravedere margini interessanti, aveva deluso al suo primo anno. L'avvento di Zeman sulla panchina della Roma diede la giusta vitalità e continuità di impiego all'argentino. Nella prima parte di stagione Lamela incantò le folle d'Italia segnando anche diverse reti, per poi confinarsi - dopo l'esonero del boemo - entro spunti e giocate apprezzabili ma esibite con sempre meno assiduità.

 

In sua vece é giunto Ljajic, un accordo concluso a circa un terzo della cifra incassata dal Tottenham. Calciatore forse più idoneo per caratteristiche al tridente di Rudi Garcia, veloce, agile, incline alle verticalità. Il serbo ha nelle sue prerogative le movenze ed i tempi dell'esterno d'attacco, contrariamente al Coco argentino che - nato trequartista - ha dovuto adattarsi a ricoprire altre zone di campo per ritagliarsi il suo spazio, snaturando la sua essenza originale. Indubbiamente si tratta di due grandi talenti ma l'ex Fiorentina sembra poter garantire un apporto maggiore all'impalcatura di gioco del tecnico transalpino che sembra disegnata su misura per esaltare le sue qualità individuali.

 

 IL COLPO DI MERCATO - Una nota a margine la merite Kevin Strootman. L'olandese é stato il vero rinforzo scelto per migliorare la rosa. Il centrocampista olandese si configura come l'operazione in entrata più onerosa. Non é arrivato in sostituzione di nessuno ma é stato implementato nell'organico per migliorare il reparto che meno aveva convinto nella scorsa stagione: il centrocampo. Ha conferito alla squadra grande versatilità risultando prezioso in ambo le fasi: bravo nell'interferire con la manovra così come nel suggerire, proporsi in avanti inserendosi negli spazi. Infine il giovane calciatore dispone di un gran tiro aggregando alle peculiarità tecniche, forte personalità e grinta. Componenti aderenti ad un profilo vincente, necessario alla rosa giallorossa. MENO TALENTO MAGGIOR SOLIDITA' - In tempi di primi bilanci perciò si può affermare che la Roma si sia privata di eccellenti solisti, la cui espressione di talento restava vincolata ad una ispirazione troppo discontinua. Un'alternanza di rendimento dalla bassa incidenza sui risultati collettivi, dipendenti dalla condizione dei singoli, non sempre ottimale. La redistribuzione dei valori ha forgiato un' orchestra di artisti meno estemporanei ma più inclini alla recitazione collettiva dello spartito. Una riproduzione forse di minor finezza estetica, ma certamente più omogenea, in grado di promanare una melodia ugualmente suadente, ma avente un ritmo molto più continuo. Una composizione che soddisfa l'orecchio del pubblico, stanco di virtuosismi eccentrici, voglioso di un esecuzione corale, coerente con le istruzioni del direttore d'orchestra francese Garcia. Del resto il suono della vittoria è più musicale del boato di una singola giocata. Il mercato é chiuso, al campo spetta ora la parola.

A cura di Danilo Sancamillo

 Twitter: @DSancamillo

lunedì 9 settembre 2013

STILIYAN PETROV Il tributo del Celtic Park al ritiro del centrocampista bulgaro che ha sconfitto la leucemia

 

  “Lascio l’unica vita che ho conosciuto” disse ai suoi tifosi quasi un anno fa dopo che gli fu diagnosticata una forma di leucemia acuta. Il suo nome è Stiliyan Petrov, all'epoca dei fatti trentatreenne calciatore bulgaro, una carriera oltremanica vestendo le maglie di Celtic ed Aston Villa oltre che quelle della sua nazionale. Il numero 19 dei Claret & Blue aveva proseguito: "Dovrò affrontarla con tutta l’energia che ho messo nelle mie sfide”. A distanza di un anno da quell'annuncio choc il generoso centrocampista dell'Aston Villa, un passato di 7 anni nel Celtic (1999-2006) squadra con la quale ha conseguito numerosi trionfi, è tornato a calcare il prato di un rettangolo verde, stavolta per dire addio in maniera ufficiale, con guadagnata gloria, al calcio giocato. La malattia è in regressione, il volitivo mediano sembra esser riuscito nella sua impresa più grande.

 Nonostante questo, superate le trentaquattro primavere, Petrov ha deciso di formalizzare il suo ritiro e per farlo ha scelto un palcoscenico d'eccezione: il Celtic Park, teatro di infinite battaglie ed inebrianti successi, questa volta ultima emozionante cornice della sua carriera da giocatore. Una gara speciale, una maratona di beneficenza intitolata “#19 Legends”, in omaggio al suo numero di maglia, il diciannove protagonista di una storia molto toccante: Sette giorni dopo l'annuncio della malattia, il calciatore si trovava al Villa Park in veste di tifoso quando, al minuto 19, tutto lo stadio gli tributò una lunga standing ovation. Durante il periodo della terapia i tifosi dell’Aston Villa hanno continuato ad alzarsi in piedi ed applaudire allo scoccare del minuto 19. Un gesto sentito per mostrare la vicinanza e l'empatia al proprio beniamino nel momento più difficile. Tornando alla gara di Parkhead, l'incontro è stato organizzato per raccogliere fondi da destinare ai malati oncologici. La risposta del pubblico di fede Celtic non si è fatta attendere: tutto esaurito per l'ultima di Petrov in maglia biancoverde. 60mila presenti, ad assistere alla sfida, a cui hanno partecipato numerosi compagni come Henrik Larsson, Paul Lambert, Chris Sutton. Tutti insieme per salutare l'amico Stan, questo il soprannome affibbiato al centrocampista nei suoi lunghi trascorsi sotto la corona del Regno Unito.

Da brividi l'epilogo dell'incontro con Petrov visibilmente commosso nell'effettuazione dell'ultimo giro di campo, svolto in compagnia dei suoi 2 figli - Kristiyan e Stiliyan Jr. -  assieme alla moglie Paulina mentre i tifosi accompagnavano la sfilata con il celebre ed emozionante inno del club. Un canto di gioia, un inno alla vita o più semplicemente la testimonianza di una grande vicinanza alle sue vicissitudini. "You'll never walk alone..." Il Celtic non sarà mai solo, così come il cammino del centrocampista bulgaro, perennemente accompagnato dall'affetto incontenibile delle persone che lo circondano, lottando e soffrendo insieme a lui, come accaduto per anni nei manti erbosi dei vari stadi solcati dai suoi tacchetti.

  Petrov lascia l'attività agonistica dopo 106 gare disputate con la nazionale condite da 8 marcaturesette anni con la maglia dell'Aston Villa(2006-2013),186 presenze adornate con 9 reti, ed altrettanti con quella del Celtic(1999-2006) dove in 225 gettoni ha regalato ai suoi tifosi 55 gol. I Villans gli hanno affidato un ruolo nello staff tecnico della squadra Under 21 e lui, pronto ad intraprendere il suo nuovo corso, ha deciso di lasciarsi alle spalle l'inferno passato nell'ultimo anno, tornando a parlare dell'applauso caloroso e commovente reiterato dai tifosi Claret & Blue durante ogni partita: “E’ stato un gesto meraviglioso, il vostro. Ha significato molto per me e per la mia famiglia in un momento durissimo. Ma ora dobbiamo andare avanti. Io e voi”.

 Un taglio netto,emblema della voglia di vivere attivamente la propria vita  senza mai darsi per vinto. Di ripartire da zero con caparbietà verso nuovi obiettivi. Consapevole che la battaglia più grande e difficile della sua carriera l'ha visto prevalere, come spesso accadeva sui verdi campi dove il mediano bulgaro liberava tutta la sua energia: sgomitava, suggeriva, ogni tanto segnava e quando serviva entrava duro in tackle sugli avversari. Palla o piede, tranciante nell'intervento, anche contro la malattia.

  C'mon Stiliyan...." You'll never walk alone...". 

A cura di Danilo Sancamillo 

 Twitter @DSancamillo


lunedì 2 settembre 2013

TOTTI vs LAMPARD L'incontro di due leggende



"Arricchiamoci delle nostre reciproche differenze", disse lo scrittore e poeta transalpino Paul Valéry. Parole che fotografano perfettamente il sentimento dell'incontro di questa sera( notte inoltrata in Italia) fra Roma e Chelsea, ed in particolare tra due individui in grado di soddisfare anche i più fini palati con l'espressione del proprio talento. Da una parte Francesco Totti, dall'altra Frank Lampard? Tante le differenze tra i due ma convergenti verso uno stesso punto. Due vie parallele giustapposte che seguono ciascuna il proprio cammino, si sfiorano ma non si toccano, quasi mai. Diversi nel ruolo, nel vessillo del club che da tempo immemore rappresentano, così come diversa é la nazionalità. Ma la lingua universale parlata da questi due campioni é la medesima ed é quella della sfera rotolante sul tappeto verde. L'uguaglianza seppur nella diversità, concetto messo nero su bianco dalla rivoluzione francese, é applicabile al calcio nella misura in cui su strade differenti si incrociano storie gloriose.
Totti e Lampard. Simboli di un calcio anacronistico, ormai stritolato dalla cultura del denaro. Percorsi intrapresi in luoghi differenti ma con le stesse costanti, gli anni di militanza, le valanghe di reti realizzate: un'incisività elevata per due fuoriclasse a disposizione della squadra, in grado di esaltare la manovra collettiva . Oltre a questo hanno in comune altri punti come l'istrionismo in campo, tradotto una notevole capacità di adattamento ad occupare una moltitudine di ruoli anche nella stessa partita. Ennesimo valore aggiunto, semmai ce ne fosse bisogno di un inestimabile patrimonio tecnico.

LA VOCE DEI NUMERI - Del resto la carriera ed i numeri parlano per loro: Lampard e Totti, due tuttocampisti, anarchici quanto basta a determinare il risultato, temperati il necessario per divenire il perno degli schemi e dei dettami di qualsiasi allenatore. Centrocampista di costruzione, finalizzatore, incontrista , rigorista, trequartista, l'inglese porta in dote una media gol da centravanti ed un numero sterminato di presenze. Il ragazzo di Romford, classe '78 ha vestito la maglia dei Blues per oltre 10 stagioni collezionando 608 presenze. Un numero così elevato che già basterebbe a farne un mito, intarsiato da ben 203 reti. Un bottino unico per un centrocampista, che ha reso Lampard una leggenda vivente del club di Stamford Bridge, oltre che miglior marcatore della storia del Chelsea davanti ad un altro pezzo di storia come Bobby Tambling, prolifico attaccante con una carriera vissuta tra gli anni'50 e '70.


Allo stesso modo Francesco Totti, é l'uomo simbolo con cui nel mondo si identifica Roma e l'AS Roma. Trequartista, punta esterna centravanti e regista offensivo o terminale offensivo il capitano giallorosso ha nella testa il suo segreto, umile cultore del lavoro come dimostra la tenuta atletica che a dispetto della carta di identità sembra non volersi arrendere al passare del tempo, infiammando l'animo dei tifosi anche con dei recuperi da terzino consumato, consegne che non competerebbero ad uno della sua schiatta. L'epopea del capitano giallorosso narra le storiche gesta del ragazzo di Porta Metronia: una carriera sacrificata sempre con la stessa maglia, una scelta di vita che magari ne ha limitato il palmarés ma che certamente lo colloca tra le divinità immortali della città eterna con le sue 628 presenze ma soprattutto con le 282 perle realizzate, in poche parole il migliore, per distacco, della storia della Roma. Semplicemente inarrivabile.


Quando mostri sacri del calibro dei calciatori in questione si incontrano, é sempre una gioia per il calcio, non importa il luogo, tanto meno il contesto, purché vi siano un rettangolo verde ed una sfera di cuoio, lo spettacolo é garantito. Un po come lo é il cast degli attori che illumina la scena e stuzzica la fantasia, per il cinema od il teatro.
Dunque non resta che attendere la discesa in campo delle due squadre per assistere alla sfida nella sfida tra questi due monumenti calcistici in una gara arricchita di connotati simbolici. Del resto se dici Roma pensi a Totti e viceversa, dicendo Chelsea, nomini Lampard. Come per i libri quando ad un "Best Seller" ne corrisponde generalmente sempre un altro, ci si augura che quest'incontro di una notte estiva americana sia il preambolo ad una futura rassegna, stavolta su ben altri palcoscenici.

A cura di Danilo Sancamillo

Twitter @DSancamillo