giovedì 27 giugno 2013

Eppur vedemmo un barlume di luce

Un breve video realizzato dal sottoscritto per celebrare una delle poche gioie stagionali in trasmissione assieme ai compagni/colleghi

venerdì 7 giugno 2013

La Tradizione resiste alla legge del marketing






“La storia è un grande presente, e mai solamente un passato” scriveva Émile-Auguste Chartier, detto Alain, nella sua opera del 1945 dal titolo “Le avventure del cuore”. Evidentemente non deve essere stata dello stesso avviso dello scrittore francese, la proprietà americana che in data odierna ha presentato un nuovo logo destinato a campeggiare sulla maglia capitolina. L’iniziativa intrapresa dalla dirigenza, intorno alla quale si era generata una massiccia dose di aspettative – anche in virtù delle modalità presentative con tanto di countdown, quasi a sottolineare la capitale importanza del momento – non ha però riscosso il consenso sperato. Freddezza mista a stupore, aggregata ad una marcata vena di disapprovazione. Questo il sentimento largamente condiviso da gran parte della tifoseria giallorossa, per nulla stuzzicata dal restyling del tradizionale simbolo, che tende a somigliare quasi inequivocabilmente a quello disponibile, da circa 10 anni, presso i venditori ambulanti di merchandising non originale situati fuori lo stadio. Insomma quello che nelle intenzioni avrebbe dovuto essere un atto di riqualificazione volto a diffondere un consenso, ampliando gli orizzonti della società capitolina, ha invece sortito gli effetti opposti risultando piuttosto un’opera di lesa maestà perpetrata ai danni della Roma e con essa della Lupa Capitolina. Dall’emissione del primo vagito del nuovo emblema, si è scatenata una serie di reazioni a dir poco contrariate culminate con l’avvio di una petizione per chiedere il ripristino del precedente stemma. Uno stemma presentato con orgoglio dal Presidente in carica James Pallotta, nell’esigenza di legare ancor più indissolubilmente la società capitolina al nome della città. Tuttavia quella che viene definita come una brillante – e per certi versi inevitabile – trovata di marketing, si scontra con la realtà gravitante attorno all’universo calcistico.

IL RAPPORTO MARCHIO/INTROITI - Nella speciale classifica della Football Money League, un report riguardante i 20 club più ricchi d’Europa, ad imporsi é ancora la tradizione, con le prime posizioni occupate dal calcio spagnolo: Il Real Madrid i cui ricavi arrivano a 512,6 milioni di euro, precede il Barcellona di circa 30 milioni e per l’ottavo anno consecutivo si conferma in vetta, seguito per l’appunto dai catalani e nell’ordine dal Manchester United, Bayern Monaco, Chelsea ed Arsenal. Logo Manchester City


L’ESEMPIO DEL CITY - Tuttavia la new entry più interessante è costituita dal Manchester City, (l’anno scorso dodicesimo)attualmente giunto in settima posizione, protagonista assoluto di un primato ragguardevole: gli Skyblues hanno registrato infatti un incremento di fatturato elevatissimo, anzi il più alto di tutti i tempi (+68% da 116 a 285,6 milioni di euro), coinciso con l’insediamento dell’emiro arabo Mansour, il quale ha eroso ingenti quantità di denaro per aggiudicarsi i migliori calciatori ed affermarsi nel panorama nazionale britannico, FA Cup prima, Premier League poi, guadagnandosi pertanto l’accesso in campo Europeo con puntuale regolarità nel corso degli anni. Una crescita esponenziale di vendite che non ha avuto bisogno di un restyling del marchio, rimasto invariato, senza peraltro aver scolpito al suo interno il nome della città, espresso anche in questo caso da un acronimo M.C.F.C . Con in calce il motto latino Superbia in proelio.



LA TRADIZIONE SI IMPONE - Anche il club madrileno primeggia pur non annoverando nel proprio stemma il nome della città bensì lo storico acronimo CFM sovrastato da una corona per conferire un tono “Real”. Un risultato che esalta e demarca profondamente la tradizione di successi legati al marchio Real Madrid con cui si individua automaticamente la capitale spagnola senza la necessità di inserire il nome all’interno del proprio logo, in virtù di una bacheca ed un percorso storico costellato di trofei, condicio sine qua non, per la costruzione di una immagine vincente da esportare, permeando i mercati di tutto il mondo. Barcellona Real Madrid Loghi In seconda posizione seguono i connazionali del Barcellona che hanno registrato un’impennata di vendite grazie ai trionfi degli ultimi dieci anni, più che all’identificazione con il nome del capoluogo catalano. In questo caso l’acronimo FCB, Futebol Club Barcelona viene scandito per intero dai telecronisti iberici durante gli incontri dei blaugrana, in riferimento alle gesta di Messi e compagni. L’FCB è l’emblema non solo della città di Barcellona ma dell’intera Catalunya, il tutto senza che il nome del capoluogo catalano compaia nel logo del club. Insomma se tre indizi fanno una prova, é evidente che prima dell’istituzione di un modello vincente, era assai raro vedere indossate per esempio le maglie di Amunike, Sonny Anderson, per chi non lo sapesse due calciatori del poco fortunato Barcellona degli anni ‘90, oppure quelle dell’attaccante Citizens Shaun Goater, nome senz’altro meno stuzzicante in confronto a quelli di Tevez o Aguero, finendo immancabilmente a Messi e Cristiano Ronaldo, icone universali di un calcio vincente conosciute in tutto il mondo.

IL MODELLO MANCHESTER UNITED - Proseguendo nella disamina si può osservare che il Manchester United porta invece nel suo simbolo il nome della città, accompagnato però dal termine identificativo United. Il modello proposto dai Red Devils – che hanno modificato il loro stemma nel corso del tempo, mantenendo comunque i criteri di appartenenza – oltre ad invitare a più di una riflessione, costituisce il paradigma di perfezione in quanto i proventi sono distribuiti in maniera piuttosto diversificata. A questo proposito le parole di Steve Richard risultano esplicative della cultura e della filosofia del club: “Il merchandising è il risultato di tutto il resto, non è qualcosa che si alimenta da solo; esso dipende dai risultati della squadra, dalla base dei tifosi, dalla TV, dalle visite scolastiche allo stadio, dai genitori che vengono a visitare il teatro dei sogni”. Interpreta proprio questa linea di pensiero il discorso che il Presidente dei Red Devils fece dinanzi a 50.000 tifosi festanti dopo una vittoria: “Cari signori, miei appassionati tifosi, ricordatevi che se comprate i prodotti della Umbro (allora sponsor tecnico del club) io incasso le royalties e posso così rafforzare la squadra”. I tifosi devono aver capito bene tale messaggio, invogliati dalla presenza di campioni e dal conseguimento di prestigiosi traguardi, di pari passo agli incredibili ricavi raggiunti dalla società per la vendita dei suoi prodotti Manchester United logo



IL RAPPORTO CON I TIFOSI - Inoltre L’obiettivo della divisione merchandising al Manchester United è quello di dare ai tifosi un “pezzo” della squadra e di gestire il passaggio del merchandising da una mera vendita opportunistica di souvenir, alla creazione di un vero marchio di qualità e fedeltà che duri una vita. Risiede proprio qui la netta e sostanziale differenza rispetto a quanto invece perseguito dalla nuova proprietà americana, la quale da l’impressione di trattare i suoi supporters non come tali ma in qualità di semplici consumatori. La società propone un approccio distaccato verso coloro che considera clienti, per di più offrendo un prodotto che, privato di sentimento, si configura puramente scadente: 28 sconfitte e terzo anno fuori dall’Europa ( compresa la sconfitta nel preliminare di Europa League con lo Slovan). Questi risultati, a dir poco fallimentari, hanno relegato la Roma nell‘anonimato più completo, costituendo un biglietto da visita ben più evidente, agli occhi dei mercati, rispetto alla scritta Roma 1927 posta sotto ciò che resta della Lupa Capitolina, depauperata del tono scultoreo che le apparteneva e del sostegno marmoreo su cui si adagiavano Romolo e Remo. Un Management accorto dovrebbe ben sapere che anche nel mondo del Core Business chi mantiene, nonostante le molte difficoltà, un orientamento romantico verso il proprio simbolo e la propria tradizione, andrebbe tutelato o quantomeno rispettato. Infatti anche effettuando l’analisi più pragmatica possibile, non si può non comprendere che il tifoso affezionato costituisca, se non altro, lo zoccolo duro di quel pubblico di riferimento verso il quale ci si rivolge per la vendita dei propri prodotti. Questo per dire che prima di apportare infruttuose modifiche, sarebbe stato più opportuno interpellare e magari coinvolgere alla partecipazione il suddetto pubblico, secondo la più semplice logica, sdoganata dalla finanza made in Usa, degli stakeholder, ovvero portatori di interesse nei confronti di una iniziativa economica il cui contributo è essenziale per il giusto andamento dell’impresa.



IL CALCIO NOSTRANO - Inoltre a corroborare una volta di più il ragionamento in questione, guardando al calcio di casa nostra, si può notare l’aumento del fatturato del Napoli (da 114,9 a 148,4 milioni di euro) che sull’onda di straordinarie performance sportive, ha avanzato il suo range di ben cinque posizioni, sovrastando le due compagini francesi Olympique Marsiglia e Lione. Tra i flop, impossibile non menzionare l’Inter, club che ha fatto del frequente restyling del marchio una vera e propria politica, non riscuotendo però il successo sperato poiché contestualmente al cambio di ciclo – contraddistinto dalla partenza di numerosi campioni, e dall’andamento deludente del dopo Mourinho – ha chiuso in perdita rispetto all’anno precedente (-26 milioni). La Roma ha evidenziato un decremento di fatturato di (- 28 milioni ) scontando, dopo tante aspettative dovute all’arrivo degli americani, i numerosi insuccessi sul campo vedendosi mestamente collocata in diciannovesima posizione. As roma loghi a confronto Se una volta disattesi introiti e risultati sportivi, il simbolo in ambito di marketing ha un incidenza nettamente ridimensionata, a restare intatta è la sua sacralità in senso assoluto in grado di stimolare nella gente appartenenza e rappresentanza. Un rapporto ancestrale instauratosi nel tempo, che trova la sua esaltazione nelle vittorie ma anche e soprattutto nelle sconfitte, divenendo l’unico appiglio, da difendere strenuamente in nome di quella tradizione che a nessuno è permesso calpestare, tanto meno a chi dall’interno ha l’onore, e con esso particolarmente l’onere, di dover rappresentare più che degnamente. Se l’Urbe é nata quel 21 Aprile del 753 A.c, la sublimazione dell’amore per lei, in tempi moderni, risale alla fondazione – in una limpida notte estiva presso Via degli Uffici del Vicario – dell’ASR, l’Associazione Sportiva Roma: donna, madre ed amante di ciascun romano, espressione di una passione, croce e delizia, celati dietro un acronimo che é il vero legame indissolubile con la città, perché in esso si riconosce l’ideale di romanità promulgato Illo tempore dai suoi avi. Nel 1920 Thomas Stearns Eliot in riferimento agli innovatori più fervidi scriveva un importante monito: “La tradizione non si può ereditare; e chi la vuole deve conquistarla con grande fatica”

A cura di Danilo Sancamillo

Twitter: @DSancamillo

PREMIER LEAGUE I verdetti stagionali

La Premier League 2012/2013 é andata in archivio nel segno delManchester United e di Sir Alex Ferguson. Lo straordinario manager dei Red Devils lascia dopo 26 anni di attività, la panchina diOld Trafford, al netto di un’innumerevole quantità di trofei raggiunti, fra cui il titolo della stagione attuale ed il mitico Treble del 1999. In evidenza il Tottenham di Villas Boas, lo Swansea di Laudrupmentre fra le delusioni a parte il City, si attesta il Liverpool ancora fuori dalle Coppe. soltanto la Premier é in grado di produrre storie incredibili come quelle del Wigan vincitore della Fa Cup contro ilManchester City e quindi promosso in Europa League ma retrocesso In seconda divisione a causa del terzultimo piazzamento in campionato. Nella prossima stagione non vi saranno Jamie Carragher, grande capitano del Liverpool e Sir Alex Ferguson, due pezzi da novanta che depauperano la Premier di un contributo tecnico e simbolico davvero inestimabile.
Questi i verdetti:
CAMPIONE: Manchester United
CHAMPIONS LEAGUE: Manchester United, Manchester City, Chelsea, Arsenal ( preliminari)
EUROPA LEAGUE : Tottenham, Swansea, Wigan
FA CUP: Wigan
LEAGUE CUP : Swansea
RETROCESSE: Wigan, Reading, Qpr,
PROMOSSE: Cardiff City, Crystal Palace, Hull City



Robin Van Persie non esulta
MANCHESTER UNITED - La squadra di Ferguson ha vissuto una stagione esaltante, aggiudicandosi con largo anticipo lo scettro di campione, attraverso un campionato straordinario, fatto di continuità  di rendimento e risultati. L’uomo che ha spostato gli equilibri é stato senza dubbio Robin Van Persie, letale bocca da fuoco della manovraRed Devils, a segno ben 26 volte in stagione, fregiandosi fra l’altro del titolo di capocannoniere. Unico rammarico é costituito dall’eliminazione agli ottavi di Champions League subita ad opera del Real Madrid in una gara sfortunata condizionata dagli svarioni del turco Cakir reo di aver espulso Nani troppo severamente consentendo così ai blancos di passare un pò fortunosamente il turno. L’addio del condottieroFerguson lascia un’eredità pesante al successore Moyes che però otterrà in dote una squadra solida e relativamente giovane semplicemente da puntellare in favore di una prospettiva ancora vincente.

Esultanza Dzeko
MANCHESTER CITY- La squadra dello sceicco Mansour é stata la grande delusione della stagione a dispetto delle risorse economiche pressoché illimitate. Identità di squadra assente, gerarchie indefinite ed  un’impronta di gioco latitante tra le mancanze da imputare al tecnicoRoberto Mancini. Il campionato del Manchester City é stato contraddistinto da un andamento a dir poco intermittente e raramente convincente. I citizens non sono riusciti a riconfermare quanto di buono fatto nella passata stagione, giungendo ad un insoddisfacente  secondo posto senza mai aver insidiato fortemente la galoppata trionfante dei cugini, con l’aggravante di una nuova eliminazione nei gironi di Champions League, chiusa mestamente in ultima posizione, senza nemmeno la consolazione di un posto in Europa League. A completare una stagione più che deludente, anche la sconfitta beffa nella finale di FA Cup ad opera del retrocesso Wigan Athletic, ultima goccia di un vaso traboccante sfociato nell’esonero di Mancini. A dimostrazione della confusione dilagante in casa City vi é il fatto che il  Miglior realizzatore sia stato Edin Dzeko, lasciato a marcire in panchina per lunghi tratti della stagione salvo poi entrare e togliere le castagne dal fuoco in maniera quasi sistematica. Le sue 14 reti in 32 presenze per quanto quasi sempre determinanti sono sintomatiche di un potenziale svilito che potrebbe portare la punta bosniaca lontano da Manchester. Tuttavia con l’avvento del corso Pellegrini e la prospettiva di un mercato faraonico, gli Skyblues potranno presto invertire la rotta.

Josh turnbull
CHELSEA -Dopo la rocambolesca conquista della Champions nello scorso anno, la stagione dei Blues é iniziata piuttosto in salita. Andamento discontinuo ed eliminazione prematura dalla fase a gironi della Champions League, conclusa al terzo posto. Il cambio di panchina ha lentamente giovato ai londinesi e la regolarità portata da Rafael Benitez ha prodotto un terzo posto dal sapore europeo impreziosito dalla conquista dell’Europa League. Altro trofeo europeo aggiunto in bacheca che salva l’altrimenti deficitaria stagione, iscrivendo peraltro  il nome del Chelsea tra quelle società vincenti in tutte le competizioni europee, con due Coppa delle Coppe unaChampions League, Europa League ed una Supercoppa Europea.  Unico rammarico della gestione del tecnico iberico, la sconfitta nelMondiale per club ad opera del Corinthians. Elemento cardine dell’armata di Benitez, neanche a dirlo, é stato Frank Lampardprotagonista di una stagione sontuosa culminata con 15 marcature ed il traguardo delle 200 reti ufficiali in maglia Blues. Davvero niente male per un centrocampista.

tifosi Arsenal
ARSENAL- Grande stagione  per gli uomini di Wenger capaci di classificarsi al quarto posto, oro colato in relazione alla partenza con il freno a mano tirato che aveva fortemente pregiudicato gli obiettivi deiGunners. Alla fine la squadra biancorossa ha riflesso le prerogative del suo tecnico, il sempreverde Wenger in grado di svolgere un redditizio lavoro con i giovani plasmando la sua formazione secondo uno stile di gioco riconoscibile ed apprezzabile oltre che proficuo. Una parte finale di stagione da incorniciare ha permesso all’Arsenal di piazzarsi incredibilmente al quarto posto centrando i preliminari di Championsai danni del Tottenham preceduto di appena un punto. Determinante nell’economia di quanto di buono fatto dai Gunners,  l’apporto diSantiago Cazorla voluto a gran voce da Wenger ed impiegato in tutte e 38 le gare del campionato corredate fra l’altro da 12 reti. Una sottolineatura anche per l’eterna promessa Theo Walcott, finalmente sbocciato con 32 presenze e 14 reti realizzate. L’auspicio é che il talento inglese possa continuare sulla stessa linea di continuità mostrata nel corso di questo campionato sinonimo di una maturità finalmente acquisita
EUROPA LEAGUE : Tottenham, Swansea, Wigan

Gareth Bale
TOTTENHAM - Un quinto posto che lascia l’amaro in bocca per gliSpurs di Villas Boas, autentica rivelazione del torneo britannico, tuttavia incompiuta. Non é bastato al Tottenham l’abbattimento del record di punti nella massima divisione inglese per centrare laChampions. Infatti nel duello senza soluzione di continuità conEverton ed Arsenal l’hanno spuntata i Gunners per un punto. Tuttavia non si possono dimenticare i 72 punti totalizzati e la mole di gioco espressa sia nei confini nazionali che in Europa League. Un crescendo di prestazioni e consapevolezza emersa da vittorie in partite contro avversari blasonati, vedi Manchester United ed Inter soddisfazioni di una stagione comunque molto positiva. Sugli scudi uno strepitosoGareth Bale senza dubbio il miglior calciatore del torneo. L’ala gallese in grado di ricoprire molteplici ruoli nel corso della gara é stato l’alfiere del tecnico lusitano riuscendo a realizzare addirittura 21 reti di cui la metà sono risultate essere prime marcature degli incontri, quindi con un peso specifico notevole per gli Spurs. Una crescita esponenziale che non é passata inosservata ai top club europei pronti a fare follie per accaparrarsi l’ala gallese. Per il ventitreenne si profila un futuro inChampions, lontano da Londra. Su di lui sembra intenzionato a puntare il Real Madrid mettendo sul piatto fino a 100 milioni di euro.

SWANSEA CAPITAL ONE LEAGUE

SWANSEA – Altra rivelazione della stagione é costituita dalle truppe diLaudrup. I cigni hanno consolidato la buona stagione vissuta l’anno scorso continuando a fare calcio nonostante qualche cessione illustre, con lo stesso impianto di gioco, un 4-3-3 di chiaro stampo offensivo ma più equilibrato rispetto a quello di Brendan Rodgers. Il buon piazzamento stagionale passa in secondo piano rispetto alla conquista della Coppa di Lega nazionale ottenuta su un percorso impervio fatto di eliminazioni illustri prima del trionfo finale contro il Bradford. In un collettivo decoroso a spiccare sono le qualità del centrocampista De Guzman e delle ali Routledge e Dyer; ma soprattutto l’individualità dello spagnolo Michu artefice di gran parte dei buoni risultati degliSwans con 18 segnature in 35 match.


Wigan Fa Cup
WIGAN - Una stagione dal sapore agrodolce per i Latics, retrocessi inaspettatamente al fotofinsh. Un insuccesso bilanciato dalla conquista dell’FA Cup, trofeo che vale quanto un campionato, gioia di proporzioni gargantuesche per i supporter biancoblu che certamente perdoneranno ai loro ragazzi lo scivolo in Championship dal quale é probabile possano risalire già nel prossimo anno. Non sono bastate le 11 reti di Arouna Koné e le 5 marcature di Di Santo, elementi di spicco dei Latics, per centrare una salvezza sfumata all’ultimo respiro. In un simile contesto, la palma del migliore non può che andare a Ben Watson, ruvido centrocampista, autore di una stagione abbastanza anonima, cancellata con l’incornata vincente nella finale contro il City.
READING- la squadra di Sir Madejski, progetto ambizioso, non é riuscita a confermarsi in Premier nonostante i buoni presupposti di inizio stagione.  Il tracollo finale ha evidenziato i limiti caratteriali di un gruppo variegato, composto da giovani timorosi ed esperti innesti di categoria per lo più giunti al capolinea. Il risultato é stato un fallimento globale che deve indurre al patron dei Royals più di una riflessione. InChampionship bisognerà ripartire dal centravanti Le Fondrecapocannoniere della squadra con 12 gol in 34 presenze che hanno tenuto a galla la compagine allenata da McDermott fino all’ultima parte della stagione, quando dopo il cambio di panchina con Adkins, l’equipaggio del vascello biancoblu ha tirato i remi in barca, naufragando nelle torbide acque della retrocessione.

Julio Cesar
QPR- L’altra grande delusa della Premier 2012/2013 é senza dubbio alcuno il Queens Park Rangers, presentatasi ai nastri di partenza forte di una squadra dotata di elementi dalla dimensione internazionale come Julio CesarEsteban Granero Park Ji Sung e Bosingwa, naviganti di lungo corso implementati in una rosa interessante espressasi su livelli infimi. Tra le cause del fallimento l’assenza di terminali offensivi di qualità, lacuna a cui si é ovviato tardivamente con l’innesto di Loic Remy.  Il tutto si é risolto con La formazione di una infruttuosa orchestra di buoni solisti incapace di recitare uno spartito decente.  L’ultima posizione per quanto sorprendente é stata la naturale conclusione di un ibrido mal assemblato nel quale é mancata l’amalgama giusta per esprimere le potenzialità di elementi dotati ma forse ossidati dal tempo.

Christian Benteke
LA SORPRESA: BENTEKE - Si chiama Christian Benteke ed è un centravanti belga in forza all’Aston Villa. Al primo anno di Premier League nonostante le difficoltà della sua squadra, è riuscito a timbrare19 volte il cartellino risultando decisivo per la salvezza dei Villans. Uno score di tutto rispetto ed un repertorio piuttosto variegato che ha colpito diversi club europei pronti ad investire sul giovane attaccante.

Esultanza Suarez
LA DELUSIONE: IL LIVERPOOL – La squadra di Brendan Rodgersè finita fuori dalle coppe europee. Un progetto ambizioso improntato su tanti, forse troppi giovani e su un allenatore in grado di proporre un tipo di calcio offensivo, naufragato però nella discontinuità. Il tecnico gallese non è riuscito a ripetere la strepitosa annata vissuta con lo Swansea ed il Liverpool ha condotto un campionato fatto di poche soddisfazioni, qualche lampo di buon calcio svilito dalle tantissime delusioni. Alla fine l’uomo simbolo dell’annata dei Reds è quel Luis Suarez, campione uruguayano da cui sono dipese gran parte delle sorti della squadra, tanto bravo con il pallone tra i piedi quanto protagonista di discutibili vicende etiche, partendo dagli episodi di razzismo contro Evra, passando per le esultanze provocatorie come quella sfoggiata nel derby contro l’Everton per terminare con il morso rifilato ad Ivanovic. Un caleidoscopio di comportamenti ed atteggiamenti in linea con la stagione del Liverpool, consegnata alla mediocrità

Deeney
LA GARA PIU’ PAZZA: L’INCREDIBILE IMPRESA DEL WATFORD - Per gli esperti conoscitori del campionato inglese il momento più alto ed intenso della stagione è senza dubbio relativo ai Play-off della seconda divisione inglese, la Championship. Una finale che vale oltre alla promozione anche un trofeo nella cornice fantastica di Wembley, una partita che fattura quanto un Milan-Juventus per intenderci. Ad aggiudicarsi la posta in palio è stato il Crystal Palace che ha sconfitto per 1-0 il Watford protagonista però di una semifinale al cardiopalma terminata in maniera piuttosto insolita con un’alta dose di fibrillazioni nei fantastici minuti finali, spot ideale delle grandi emozioni che soltanto il calcio può suscitare.
A cura di Danilo Sancamillo
Twitter: @DSancamillo

martedì 4 giugno 2013

Benteke, la bestia dell'Aston Villa con il fiuto del gol



Christian Benteke è un calciatore congolese ma di passaporto belga attualmente in forza all’Aston Villa. Storia difficile la sua, strappato in età giovanissima alla guerra civile in atto nel suo paese per approdare in Belgio dove il ragazzo trova la tranquillità necessaria per sviluppare ed affinare la sua crescita calcistica. Il percorso felicemente intrapreso, lo colloca infatti nella folta schiera di talenti della selezione nazionale belga, mai come in questo periodo storico, vicina a rinverdire i fasti di un tempo passato, e se possibile fare ancor meglio, potendo far leva su calciatori versatili e di spessore tecnico, per di più molto giovani come Eden Hazard, Marouane Fellaini, Vermaelen, Vertonghen,Lukaku e per l’appunto Benteke stesso . Elementi di spicco della scuola belga, tutti militanti nella massima divisione inglese, espressione più prestigiosa dell’universo calcistico, a cui si aggiungono Curtois, portiere dell’Atletico Madrid, Witsel spinto in Russia da un faraonico contratto e Defour attualmente in forza al Porto. Insomma una generazione di talenti davvero notevole che lascia ben sperare in vista degli impegni futuri. Sebbene ancora molto giovane l’attaccante di origini congolesi ha già disputato quasi 200 partite realizzando 77 reti, numeri che non possono certo passare inosservati.
CARATTERISTICHE TECNICHE – Benteke è un classe ’90 che gioca nel ruolo di prima punta. Destro naturale, a dispetto del fisico da corazziere di cui dispone, 191 cm di altezza per 82 kg, il ventiduenne si configura come un attaccante molto mobile che fa della preponderanza fisica, corsa e resistenza, le sue doti migliori. Benteke, soprannominato dai suoi nuovi tifosi “The Beast”, la bestia, in virtù delle sue qualità fisiche, non è soltanto forza: infatti oltre a risultare abile nel gioco aereo e nella difesa del pallone, aiutato dalla stazza, il giovane calciatore è molto freddo e preciso sotto porta, aggregando a queste peculiarità la disciplina tattica ed un tiro molto potente. Esplosivo nei movimenti Benteke è una punta completa, in grado di segnare in ogni modo: di testa, di potenza, con il  destro ma anche di sinistro. Intelligente nello scrutare i movimenti del portiere avversario – come dimostra il gran numero di reti realizzate piazzando il pallone, piuttosto che buttando giù la porta di potenza –  il ragazzo è una tipica prima punta moderna che può far reparto da sola, letale dentro l’area di rigore, magari non bello da vedere ma dannatamente concreto.  Le sue caratteristiche trovano la massima espressione nella posizione di centravanti, in un tridente composto da calciatori di movimento come quello dell’Aston Villa, dove Benteke - pur prediligendo le vie centrali –  non disdegna affatto andarsi a cercare gli spazi sulle corsie esterne, scambiando in corso d’azione la posizione con i rapidi Weimann ed Agbonlahor, supporti ideali per le doti del bomber di Kinshasa a segno 19 volte su 34 apparizioni nel primo campionato di Premier League, un battesimo assai rilevante in prospettiva.
CARRIERA – Nato a Kinshasa, nell’attuale Repubblica Democratica del Congo, ex Zaire, Benteke è giunto in Belgio nel 2007, all’età di appena 17 anni grazie agli scout dello Standard Liegi, sempre molto attenti al mercato africano, come dimostra lo storico delle presenze “colored” nella nazionale belga, basti pensare ai fratelli Mpenza o agli stessi Witsel e Lukaku per citarne i più famosi. Il passaggio dalla realtà congolese, contrassegnata da una aspra quanto sanguinosa guerra civile, allo sviluppato paese europeo non è semplicissimo per il giovane attaccante, catapultato in un universo completamente differente. All’inizio Benteke accusa il colpo, non riuscendo a trovare molto spazio anche perché impreparato tatticamente. Fin dalle prime esperienze il ragazzo comincia a girovagare per il piccolo stato nordeuropeo, venendo ceduto in prestito al Genk club nel quale mette insieme una manciata di presenze (7 apparizioni) senza tuttavia trovare la via del gol  distribuendo però due assist.

Christian Benteke genk
Inizia in salita anche la stagione seguente sempre tra le fila del Genk, il cui tecnico Hugo Broos se da una parte crede nei giovani dall’altra adotta uno schieramento a due punte nel quale Benteke fatica ad esprimersi anche per via della scarsa continuità di impiego. Fino a Gennaio colleziona tribune a profusione venendo impiegato appena 3 volte per un totale di 98’. L’esperienza infruttuosa  tra le fila del club delle Fiandre si conclude nella sessione invernale quando fa ritorno allo Standard Liegi riscattato per la cifra di 150.000 euro. Intanto Benteke è entrato a far parte della nazionale belga Under 19 dove giocava un certo Eden Hazard, per volere dell’allora tecnico Maarc Van Geersom. Con la selezione nazionale giovanile totalizza 4 presenze mettendo a segno 3 reti di cui una all’esordio contro l’Estonia a cui fa eco una doppietta contro la Svezia. Il passaggio allo Standard si rivela importante per Benteke che riesce a trovare maggior continuità di impiego venendo inserito al fianco di interpreti di ragguardevole spessore, in grado di agevolarne le performance, come De Camargo ed Defour, piede raffinato che serve il primo assist vincente al bomber di Kinshasa finalmente in gol contro il Tubize, gara nella quale Benteke suggerisce  a sua volta un assist per i compagni. Nelle 10 presenze assemblate con la maglia della squadra di Liegi realizza 3 reti e 2 assist esordendo anche in Europa League con due apparizioni.

Benteke Belgio

Nella stagione 2009/2010 prosegue a ritmo progressivo la crescita della giovane punta, spedita al Kortrijk per farsi le ossa. Sulle sponde del fiume Lys, Benteke trova il clima ideale per manifestare il suo potenziale segnando 8 reti, quasi tutte decisive, in 22 presenze impreziosite anche da 5 assist. Uno score notevole che trascina la piccola squadra delle Fiandre Occidentali addirittura ai play off scudetto, disputati brillantemente dal bomber di origini congolesi , protagonista con 5 reti e 2 assist in 10 gettoni. La stagione si chiude al netto di 15 reti e 10 assist complessivi in 38 partite. Numeri che pongono il poderoso attaccante tra i prospetti più interessanti della Jupiler League. L’anno dopo veste la maglia del Mechelen accumulando 26 presenze condite da 7 reti. Le sue prestazioni non sfuggono al Genk che decide di prelevarlo definitivamente versando 1.200.000 euro nelle casse dello Standard Liegi. L’intuizione si rivela positiva perché la Bestia di Kinshasa firma la sua miglior stagione all’età di 20 anni: 36 partite disputate intarsiate da 16 perle a cui si sommano 9 assist. Un rendimento pregevole e molta esperienza incamerata attraverso qualche cammeo in Europa: 2 presenze nelle qualificazioni Champions ed altrettante in Europa League con la soddisfazione di un’apparizione nella nazionale maggiore dopo aver indossato stabilmente la maglia dell’Under 21.

Benteke Aston Villa

L’ascesa del centravanti belga è ormai evidente così come la sua maturazione, ragione per cui l’Aston Villa si fionda sul ragazzone formulando al Genk una proposta irrinunciabile: 10 milioni di euro. La dirigenza del Genk non ci pensa su due volte, vedendo decuplicato in circa un anno il proprio investimento, così decide di cedere il centravanti al club di Birmingham. Nella stagione attuale disputata con i Villans, Benteke non ha affatto deluso le aspettative trovando pertanto la definitiva consacrazione, in un campionato dal tasso tecnico fra i più elevati, se non il più elevato, del mondo. Nel tridente d’attacco dei claret & blue il centravanti belga si muove alla perfezione sciorinando tutto il proprio repertorio, agevolato dall’apporto dei due attaccanti esterni in grado di innescarne la velocità e valorizzarne l’immenso fiuto del gol. Protagonista assoluto della salvezza conseguita dall’Aston Villa, il numero 20 ha siglato ben 19 reti in 34 gare entrando in pianta stabile nella nazionale maggiore belga dove si è distinto con 2 gol in 5 presenze. Nel complesso durante l’anno ha messo insieme 55 presenze e 31 reti.

VALUTAZIONE – La buona stagione disputata e gli ampi margini di miglioramento dovuti alla giovane età, neanche 23 anni, uniti ai mezzi fisici e tattici messi in evidenza, fanno di questo centravanti  un interprete ambito da diversi club europei, sebbene è difficile credere che l’Aston Villa decida di privarsi del suo investimento (valutato dal direttore sportivo Lambert che ha fiutato l’affare, oltre 20 milioni di euro) se non in presenza di un’offerta importante. Su di lui hanno messo gli occhi l’Inter e la Fiorentina ma soprattutto i top club inglesi come Arsenal, Manchester City e Chelsea disposti ad un esborso economico ingente per assicurarsi le prestazioni del giovane ragazzo sfuggito alla guerra civile per affermarsi nel vecchio continente a suon di gol.


A cura di Danilo Sancamillo

Twitter: @DSancamillo